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L’opera costituisce un film di finzione girato con tecnica documentaristica: i personaggi del film, reali o costruiti, non possiedono  una fisionomia psicologica e relazionale propria, ma sono  identica espressione e manifestazione di più personalità, segno tangibile dell’anonimato a cui la loro condizione li “condanna” realmente. Il taglio documentaristico è poi  avvalorato dal fatto che l’azione si svolge quasi tutta all’interno del carcere e che le linee guida del film, anche se lateralmente, suggeriscono agli spettatori interrogativi a cui la coscienza civile non può sottrarsi.

Gli autori non lo hanno fatto.

 

Il film è nato da un’idea di due registi, i fratelli Maurizio e Francesco Giordano, che operavano su un progetto basato su due moduli all’interno del laboratorio di produzioni audiovisive e di scrittura creativa per il cinema, sviluppato e sceneggiato da Giuliana Del Pozzo.

Film patrocinato moralmente dall’O.P.G.  Con la partecipazione degli internati.